Gli accordi di COP 21 sottolineano la necessità di ridurre drasticamente e rapidamente le emissioni di CO2. Questa scelta deve essere attuata ora.
La combustione di biomasse emette CO2, indistinguibile da quella di origine fossile anche per la sua azione clima alterante. Quindi in questa fase della storia dell’umanità é prioritario ridurre tutte le emissioni, anche quelle prodotte da fonti rinnovabili. Vale, in particolare, per biomasse legnose (alberi) che hanno impiegato decenni per accumulare carbonio sottratto dall’atmosfera: la combustione, in pochi minuti, lo restituisce all’atmosfera e con la morte dell’albero si interrompe il suo assorbimento di CO2, documentato anche in alberi “anziani”.
In questa fase critica di transizione, il ricorso a fonti energetiche rinnovabili, insieme all’efficienza energetica e all’eliminazione degli sprechi, deve privilegiare le fonti di energia che non hanno effetti clima alteranti (idrico, solare, eolico): le biomasse legnose per il riscaldamento sono accettabili solo in contesti dove non sia disponibile il metano che, visto il suo basso coefficiente di emissione di CO2, deve essere privilegiato.
Diverso è il discorso con il bio-metano da residui agricoli, fanghi di depurazione, scarti di cucina, la cui rinnovabilità su base annuale è evidente, col vantaggio di una ridotta emissione di inquinanti tossici e con una progettazione degli impianti di produzione e distribuzione finalizzata a ridurre al massimo le perdite di metano, anch’esso un potente gas clima alterante.
Pertanto, la crescita in atto della superficie boscata italiana, in prevalenza causata dall’abbandono di pascoli e terrazzamenti, deve essere incentivata con usi prevalenti per la produzione di legno d’opera; la necessaria manutenzione di questi boschi, in particolare delle ceppaie abbandonate, deve produrre scarti legnosi da usare prevalentemente per produrre cippato, utile come strutturante per il compostaggio di scarti biodegradabili.
Infine, anche il compost (terriccio fertile) dovrà avere un ruolo prioritario come “sink”, serbatoio di carbonio organico, con il suo massiccio e regolare uso nei terreni agricoli italiani, in totale o parziale sostituzione di fertilizzanti chimici.