AMIU NON E’ DISONORATA, non serve matrimonio con IREN

 

Così sosteniamo, perché, insieme ad altre realtà, siamo contrari all’ingresso di IREN nella gestione dei rifiuti a Genova. Non condividiamo le nere previsioni di vari giornali dopo la bocciatura in consiglio della aggregazione il 7-2-17 ed il ritiro della nuova proposta di giunta il 31-3-17, che riteniamo invece un possibile punto di ripartenza. Siamo indifferenti, anzi dispiaciuti dei vari giochi di potere, noi continuiamo a pensare che si deve agire in base ad una logica trasparente ed a valori in cui si crede.

 

Noi crediamo nella strategia verso rifiuti zero, già realizzata con traguardi importanti in varie città in Italia e in Europa; sappiamo poi che Amiu è un’azienda sana, nonostante enormi errori in passato e ripetuti tentativi di affossamento, che da tempo ha bisogno di dotarsi di impianti per realizzare il proprio piano industriale 2014 all’interno del Piano metropolitano dei rifiuti.

 

Gli scarti dei genovesi (carta e cartone, plastica, organico, apparecchi elettrici e cellulari, …) hanno un elevato valore commerciale se vengono raccolti separatamente e poi riciclati.

 

Inoltre il primo e più urgente interesse dei genovesi è ridurre alla fonte la produzione di scarti con scelte intelligenti del Comune: ma l’interesse di Iren, di continuare ad avere molti rifiuti irrecuperabili per i propri “termovalorizzatori” a Torino e Parma, è in grave contrasto con l’obiettivo di economia circolare indicato dalla Commissione europea.

 

Quindi non sarebbe saggio regalare la nostra ricchezza a chi, come IREN, sa solo fare, come spa multi-utility, facili affari, anche contro i comuni suoi azionisti: recupera energia dai rifiuti con spese a carico di famiglie ed aziende, distribuisce utili scandalosamente elevati, trascura manutenzione reti idriche, accumula debiti. Una azienda si può considerare pubblica quando agisce nell’interesse del territorio e dei cittadini, non quando il suo capitale è posseduto in parte da Comuni che incassano dividendi.

 

La crisi di AMIU non nasce oggi, ma da mancate scelte del passato.

 

E oggi ci sono alternative all’ingresso di Iren; nello stesso piano industriale AMIU 2014 si indicavano altre strade: reperimento per la messa in sicurezza di Scarpino di altre fonti di finanziamento quali i fondi europei, come scritto nell’accordo sindacale del 29-7-16, o fondi ministeriali o ancora Cassa Depositi e Prestiti, per evitare di addebitare nella TARI i costi di una bonifica. Questa strada non è stata poi seguita, neppure in seguito a ripetute richieste in consiglio comunale di analisi di alternative finanziarie, come non è mai stata chiesta l’emergenza ambientale e idrogeologica per risanare Scarpino. Forse per giustificare l’aggregazione con IREN?

 

Se poi, visti i costi di messa in sicurezza di Scarpino, le banche non concedono ulteriori crediti ad AMIU per i nuovi impianti (circa 70 milioni € secondo il piano metropolitano, che comunque Iren non avrebbe finanziato), allora perchè escludere un’altra strada: fare 3 bandi riservati a società di impiantistica industriale per la realizzazione di singoli impianti di: 1) selezione e recupero materia seconda 2) bio-digestione con recupero metano e successivo compostaggio 3) compostaggio? Si chiede di costruire gli impianti con recupero dell’investimento in 15 anni, con eventuale condizione di assumere manodopera e tecnici AMIU. Gli impianti producono utili, non sono solo un costo!

 

Per questo abbiamo proposto al Consiglio Comunale la sospensione della delibera e l’istituzione di un tavolo tecnico per elaborare un progetto condiviso. Ora cercheremo insieme a lavoratori AMIU, cittadini e gruppi di difesa ambientale contrari all’ipotesi di privatizzazione, di costruire un’alternativa possibile: sappiamo che vincere è più impegnativo che perdere.

 

 Coordinamento ligure Gestione Corretta Rifiuti

 

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